Crioconservazione: al Confine tra Fantascienza e Realtà
di Sofia D. B.
Vi sarete sicuramente chiesti, guardando i film di supereroi, ad esempio, come fanno ad avere più di 100 anni ed essere allo stesso tempo così giovani. Semplice: crioconservazione. Ad oggi non sembra solo ed esclusivamente fantascienza, poiché alcuni scienziati, in particolar modo statunitensi e russi, si stanno dando da fare per abbattere ancora una volta la fitta barriera che divide fantasia e scienza.
La crionica è una disciplina che studia la conservazione a basse temperature di cellule e tessuti umani e animali nell’azoto liquido, con la speranza che in futuro sia possibile ripristinare le loro funzioni vitali e curarli da eventuali malattie. Non è da confondere con l’ibernazione, che è la condizione clinica in cui le funzioni vitali sono al minimo.
Infatti, la tecnica di crioconservazione inizia con la dichiarazione di morte clinica e legale dell’individuo; in seguito, il corpo viene raffreddato nel ghiaccio, si ristabilisce la circolazione sanguigna e si somministrano farmaci per rallentare il deterioramento dei tessuti. Poi il sangue viene drenato e sostituito con delle sostanze crioprottetrici e infine il corpo viene immerso in cilindri pieni di azoto liquido a -196°C, punto di ebollizione del fluido. I crioprotettori sono macromolecole dotate di notevoli proprietà che hanno lo scopo di proteggere le cellule dall’alterazione delle sue funzioni e dal danneggiamento dei suoi organelli intracellulari. Infatti, dato che le cellule contengono acqua, quest’ultima potrebbe solidificare e formare cristalli di ghiaccio che causerebbero lesioni gravi e, eventualmente, la morte della cellula stessa.
Questa tecnica venne citata per la prima volta nel 1962 da Robert Ettinger quando propose la possibilità di congelare gli uomini per curarli da malattie definite incurabili. Dunque, dalla seconda metà degli anni ’60 iniziano a sorgere le prime società in California, a New York e nel Michigan. Nel 1985 nasce l’American Cryonics Society (ACS).
Nel 1967 il primo esperimento in assoluto; il 12 gennaio il professore di psicologia James Bedford morì all’età di 73 anni e venne sottoposto al congelamento dalla Cryonics Society della California. Attualmente, egli si trova ancora nell’azoto liquido della Alcor Foundation.
Oggi, le associazioni più attive sul campo sono il Cryonics Institute nel Michigan, la Alcor Foundation in Arizona e la KrioRus in Russia.
Questa pratica è molto utilizzata per conservare ovociti, embrioni e gameti nella procreazione assistita. La crioconservazione delle cellule dura circa tre ore e, nonostante sia vietata in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, negli Stati Uniti si è arrivati ad impiantare un embrione crioconservato da vent’anni.
Per crioconservare gli ovociti il prezzo varia dai 1.500 e i 2.000 euro; 250 per ogni anno successivo. Per un corpo intero la cifra si aggira intorno ai 36mila dollari (quasi 30 mila euro), 80mila invece solo per il cervello.
Un altro scopo di questa tecnica, anche se si parla più di ibernazione, è quello di effettuare viaggi nel Sistema Solare, o anche oltre, che richiederebbero decine se non centinaia di anni. A tal proposito, nel 2016 Stati Uniti e Russia, la più esperta in questo campo, hanno firmato un accordo per costruire una stazione spaziale su orbita lunare con l’obiettivo finale di spedire contenitori con materiale biologico, campioni di organi e DNA, sia umani che animali, sottoposti a ibernazione per verificarne gli effetti delle condizioni di microgravità. Inoltre, la Russia intende sviluppare delle tecnologie deputate a “riparare” eventuali danni agli organismi ibernati.
Come detto all’inizio, con la criopreservazione gli scienziati hanno come obiettivo primo riportare in vita organismi deceduti e di curarli ove ci sia necessità, oppure di prevenire la morte stessa causabile da un male irreparabile, ibernando quindi l’individuo in attesa di future scoperte scientifiche.
Eticamente e legalmente parlando, al momento è possibile solo criopreservare corpi morti, per cui l’unica vera speranza per la riuscita di questo progetto è la vetrificazione. I liquidi corporei vengono mischiati con i crioprotettori, invece che essere completamente sostituiti, e si condensano senza generare cristalli di ghiaccio, quindi senza creare danni alle pareti cellulari. È stata introdotta nel 1987 e il suo successo è dovuto al fatto che all’aumentare della velocità di congelamento, diminuisce la concentrazione di crioprotettore necessario per impedire la cristallizzazione dell’acqua nelle cellule. Tuttavia, dietro ai suoi successi ci sono anche numerosi scienziati scettici. Secondo quest’ultimi, per velocizzare al massimo il tempo di congelamento, gli embrioni o gli ovociti sono messi direttamente a contatto con l’azoto liquido, e questo comporta il rischio di contaminazione da batteri, virus eccetera; è altresì vero che per conservare le cellule per un lungo periodo di tempo a 197 gradi sottozero servirebbe un quantitativo maggiore di crioprotettore, tossico per le cellule. Ad ogni modo, questa tecnica è ancora in fase di sperimentazione.
Nel mondo cinematografico, molti sono i casi in cui si sente parlare della tecnica di crioconservazione (o di animazione sospesa). Alcuni esempi: in 2001: Odissea nello Spazio tre scienziati sono sottoposti ad animazione sospesa durante un viaggio interplanetario su una navicella guidata da tre scienziati vivi e un robot; in Avatar il protagonista e altri soldati umani vengono ibernati per sei anni nel viaggio verso Pandora; nei film Marvel Captain America – Il Primo Vendicatore, in cui il protagonista viene ibernato per decenni nei ghiacci dell’Artico, e in Captain America – Civil War, dove l’ex soldato Bucky Barnes decide di farsi congelare in una crio-capsula in attesa di cure per i lavaggi del cervello a cui è stato sottoposto, e Interstellar, in cui i protagonisti sfruttano questa tecnica per fare un viaggio spaziotemporale alla ricerca di un pianeta colonizzabile.